Negli ultimi anni di studio e durante lo svolgimento del dottorato di ricerca a Zurigo ho iniziato a interessarmi all’ARS che proponeva l’aggiornamento dei ritrovamenti e delle ricerche nel campo dell’archeologia romana in Svizzera e rappresentava nel contempo un’interessante rete di conoscenze professionali e personali. Nel 1991 sono entrata nel comitato e sono stata presidente dell’ARS dal 1994 al 1996.
Quale scoperta o progetto di ricerca ha segnato la sua carriera?
Lo studio e la pubblicazione dei vetri romani del Cantone Ticino, che era il mio dottorato di ricerca (1991) è stato il primo caposaldo della mia carriera; mi ha permesso di affinare e consolidare il metodo di ricerca e di confrontarmi con vari temi dell’archeologia romana, in particolare a sud delle Alpi e nell’Italia settentrionale, ma anche con la ricerca transalpina.
In seguito l’orizzonte di ricerca si è allargato con il progetto espositivo e la pubblicazione I Leponti tra mito e realtà (2000), svolti in collaborazione fra il Gruppo Archeologia Ticino, di cui ero presidente, i Servizi culturali della Città di Locarno nella persona di Riccardo Carazzetti, e sostenuti dal Servizio archeologia dell’Ufficio dei beni culturali (Rossana Cardani Vergani).
Può raccontarci una storia di un congresso dell'ARS?
Nel 1995, in occasione dell’assemblea ARS a Porrentruy, organizzammo il colloquio 60 BC – 15 AD. D’Orgetorix à Tibère, che era stato ideato da Laurent Flutsch, mio predecessore quale presidente ARS, e Gilbert Kaenel. Intervennero i maggiori ricercatori di quel periodo in Svizzera. Vi era in quegli anni un vivace dibattito sulla transizione fra la fine dell’età del Ferro e l’inizio della Romanità nelle varie regioni del paese. Si voleva anche superare la diffidenza, per non dire l’ostilità, fra gli archeologi “romanisti” e “preistorici”, connessa a una serie di pregiudizi e di differenti tradizioni metodologiche, per avviare una indispensabile e proficua collaborazione in ambiti strettamente interconnessi. Fu un colloquio molto stimolante che permise una panoramica, certamente incompleta ma utile, su tutto il territorio nazionale. Assieme a Rosanna Janke presentammo un riassunto delle conoscenze di quel periodo anche per il Cantone Ticino. Ricordo che fu una bella fatica, ma quel riassunto ci servì anche in seguito come base di riflessione e di approfondimento per le ricerche posteriori.
Come vede lo sviluppo dell'archeologia romana in Svizzera nei prossimi anni?
Auspico che si continui lo studio e la pubblicazione di contesti archeologici completi con particolare attenzione alla qualità dei dati più che alla quantità; valutazioni numeriche e statistiche sono importanti ma devono affiancare la presentazione e l’interpretazione qualitativa. Nel contempo è importante che i Servizi archeologici cantonali possano operare sul terreno con la necessaria tranquillità e sufficienti mezzi finanziari. La base giuridica nei vari Cantoni non deve essere indebolita ma, al contrario, garantire la salvaguardia dei siti archeologici.
Ha un desiderio per il compleanno dell'ARS?
Spero che l’associazione continui ad essere un punto d’incontro e di scambio di conoscenze per le archeologhe e gli archeologi, e che mantenga la caratteristica di rete di connessione fra le varie realtà dell’archeologia romana in Svizzera.
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